TER, cos’è, come si calcola e a cosa serve il Total Expense Ratio di un prodotto finanziario

18 Maggio 2022

Cos'è il TER

Il TER è un indicatore importante da conoscere quando si tratta di investire in fondi o in ETF. Esso, infatti, è uno dei principali elementi che condizionano le performance di lungo periodo di un veicolo di investimento.

Cos’è il TER

Il Total Expense Ratio, noto come TER, è un indicatore sintetico del costo annuo di un fondo di investimento, SICAV, o ETF. Esso si prefigge di dare una rappresentazione chiara e di immediata comprensione circa il livello di costo effettivamente sopportato dall’investitore.

Calcolo ed esempio

A livello matematico la formula di calcolo è piuttosto semplice. Avremo, infatti che il TER deriva dal rapporto tra il totale dei costi a carico del fondo in un dato periodo e il patrimonio medio dello stesso. Il tutto andrà moltiplicato per 100 per portarlo su base percentuale.

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Immaginiamo, a titolo di esempio, che il fondo bilanciato Alfa abbia avuto, in un certo anno, costi per 80.000 €. Se il patrimonio medio dello stesso è stato di 5 milioni di euro, il TER sarà stato di: (80.000/5.000.000)*100 = 1,60%.

Cosa comprende il TER

Il costo tale di un fondo è un dato che deve essere obbligatoriamente inserito nei documenti ufficiali come ad esempio il KIID. Esso non va confuso con le commissioni di gestione, che tuttavia ne fanno parte, poiché il TER è un costo omni comprensivo. Ecco, in dettaglio, cosa troviamo al proprio interno:

  • la commissione di gestione: è una percentuale fissa prelevata ogni anno dal patrimonio totale del fondo. Essa rappresenta circa l’85% del costo totale e serve a remunerare sia la società di gestione sia il promotore finanziario che ha collocato il prodotto;
  • il compenso alla banca depositaria: nota anche come commissione di deposito è la cifra che la società versa all’intermediario che custodisce gli averi del fondo. Si tratta di un valore fisso che rappresenta circa il 5% del costo complessivo a carico degli investitori;
  • la commissione di performance: è un onere aggiuntivo che la società di gestione addebita se il rendimento realizzato supera quello ottenuto dal banchmark. Per fortuna non tutti i fondi applicano questo costo. Se presente, tuttavia, esso rappresenta il 10% circa del Total Expense Ratio;
  • i costi amministrativi: sono oneri di importo fisso legati alla gestione del fondo. Ad esempio rientrano in questa voce i costi di stampa e pubblicazione dei prospetti informativi e agli altri adempimenti previsti dalla legge.

Costi esclusi

Il TER non tiene conto di tutti quei costi che gravano direttamente sull’investitore. In particolare sono esclusi dal calcolo:

  • gli oneri fiscali, ossia le imposte che il sottoscrittore versa al momento del consolidamento del guadagno. Le tasse, ricordiamo, ammontano al 26% delle plusvalenze realizzate;
  • le commissioni di sottoscrizione che l’investitore paga al momento dell’ingresso del fondo. Possono trattarsi anche di costi di uscita (per i così detti fondi a tunnel) o delle commissioni di negoziazione se si tratta di ETF;
  • i costi di switch, ossia gli oneri legati al passaggio da un comparto ad un altro dello stesso fondo.

L’interpretazione del TER

Il Total Expense Ratio è un dato importante da conoscere. Esso, infatti, è uno dei fattori chiave nella scelta di un fondo di investimento o di un ETF. In linea di massima esso varia da un minimo dello 0,10% (per gli ETF di tipo obbligazionario) fino al 2,30% per i fondi azionari.

Studi empirici svolti sul mercato americano mostrano che tanto maggiore è il costo di un prodotto finanziario tanto minore sarà la sua performance finale (si veda ad esempio Bogle, Common Sense On Mutual Funds).

Pare anche senza fondamento la tesi secondo cui “un buon gestore va pagato“. La regola secondo cui più si spende più si ottiene, in finanza, non funziona. Poiché i mercati sono estremamente concorrenziali il guadagno dei gestori attivi sarà pari, nel complesso, a quello dei gestori passivi se non consideriamo i costi.

Una volta dedotte le spese, però, in media la gestione attiva produrrà rendimenti inferiori a quella passiva. Per tali ragioni il consiglio che diamo è duplice:

  • evita di investire in fondi a gestione attiva che presentano un alto TER. Nel lungo andare, inoltre, il costo annuo di gestione conta più delle commissioni di ingresso, peraltro scontabili a discrezione del collocatore. Se proprio vuoi investire in fondi scegli quelli con un Total Expense Ratio più basso;
  • usa gli ETF e privilegia quelli che hanno costi minori e liquidità più alta.

Il TER degli ETF

Anche i fondi passivi hanno un costo annuo di gestione. Si tratta però di un valore molto piccolo in confronto a quello richiesto dai fondi comuni tradizionali. Tutto quello che abbiamo visto resta valido, con queste piccole variazioni:

  • costo di licenza (compreso): è l’onere che l’ETF deve pagare per poter replicare l’indice sottostante. Questo, infatti, molto spesso è coperto da licenza da parte del soggetto che lo calcola;
  • costo del ribilanciamento (escluso): è l’onere legato alle movimentazioni del portafoglio necessarie per adeguare lo stesso alla nuova composizione dell’indice, quando varia;
  • commissione di scambio (esclusa): è la quota che gli ETF a replica sintetica pagano per il derivato sottostante;
  • reddito da prestito titoli (escluso): è il frutto che l’ETF incassa attraverso operazioni di prestito titoli effettuate.

A discapito di tutto ciò il costo annuo di gestione di un ETF è pari a circa il 10% del TER di un fondo comune tradizionale.

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