I perpetual bond offrono rendimenti interessanti, ma il guadagno giustifica i rischi nascosti? Scopriamo cosa sono e come funzionano.
Le obbligazioni, per loro natura, devono avere una data di scadenza. A meno di essere titoli irredimibili, come i BTP perpetual. Tuttavia alcuni emittenti offrono obbligazioni con scadenza così lunga da essere, di fatto, perpetui.
Questi ultimi, noti come Matusalemme bond, sono oggetto di questo articolo. Lo scopo è chiaro: capire cosa sono e se convengono. Mettendo in luce, al tempo stesso, i potenziali rischi che gli investitori sottostimano. La premessa è che comprare obbligazioni con scadenza lunga non è il massimo per gli investitori. E’ possibile, infatti, ottenere risultati migliori attraverso un portafoglio equilibrato e una “cabina di regia” ben strutturata.
E se stessi investendo “male”? Scopri perché
Quanto rendono i perpetual bond?
In finanza esiste una regola aurea. Essa afferma che rendimento e rischio sono intimamente collegati. In altri termini se un’attività rende più delle altre, in breve essa è più rischiosa. O, per converso, se un’attività è più rischiosa essa deve rendere “parecchio”, in un certo contesto, affinché qualcuno la voglia detenere.
L’Austria ha emesso, ad esempio, un perpetual con scadenza nel 2117 che offre una cedola del 2,10% lordo annuo. Si tratta di un titolo il cui rendimento effettivo, tenuto conto della quotazione attuale, è del 2,86% lordo.
Come funzionano i perpetual bond
Poiché i pagamenti delle obbligazioni perpetue sono simili a quelli dei dividendi azionari, in quanto entrambi offrono una sorta di rendimento per un periodo di tempo indefinito, è logico che il loro prezzo sia lo stesso. Il prezzo di un’obbligazione perpetua è, quindi, il pagamento dell’interesse fisso, o cedola, diviso per un tasso di sconto costante, che rappresenta la velocità con cui il denaro perde valore nel tempo (in parte a causa dell’inflazione).
Il denominatore del tasso di sconto riduce il valore reale delle cedole nominalmente fisse nel tempo, fino a renderlo pari a zero. Pertanto, alle obbligazioni perpetue, anche se pagano interessi per sempre, si può assegnare un valore finito, che a sua volta rappresenta il loro prezzo.
Chi emette obbligazioni perpetue?
Le obbligazioni perpetue rappresentano solo una piccola parte del mercato obbligazionario totale. I principali emittenti sono enti governativi e banche: le banche emettono queste obbligazioni per soddisfare i loro requisiti patrimoniali (il denaro ricevuto dagli investitori per le obbligazioni si qualifica come capitale di classe 1).
Alcuni esperti sostengono che le obbligazioni perpetue siano un ottimo strumento per i governi in difficoltà finanziaria, che possono utilizzarle per raccogliere fondi. Tuttavia, la maggior parte degli economisti classici non approva il fatto che i governi creino un debito che non hanno l’obbligo di rimborsare, né considera una buona politica fiscale il fatto che un governo si assuma la responsabilità contrattuale di effettuare pagamenti, a chiunque, in perpetuo.
Quali sono i vantaggi?
Un perpetual bond è un’obbligazione che non ha una data di scadenza e che paga un interesse fisso per sempre. Questo tipo di titolo ha alcuni vantaggi sia per l’emittente che per l’investitore.
Per l’emittente, un perpetual bond consente di ottenere finanziamenti a lungo termine senza dover rimborsare il capitale e senza dover affrontare il rischio di rinnovo. Inoltre, gli interessi pagati su un perpetual bond sono deducibili fiscalmente, riducendo il costo del debito.
Per l’investitore, un bond di questo tipo offre una rendita costante e prevedibile, che può essere attraente in periodi di bassi tassi di interesse. Inoltre, un perpetual bond ha una maggiore sensibilità ai cambiamenti dei tassi di interesse rispetto a un’obbligazione a scadenza fissa, il che significa che il suo prezzo può aumentare più rapidamente se i tassi di interesse diminuiscono.
I rischi dei perpetual bond
Il principale rischio incorporato nelle obbligazioni perpetue sta nella fluttuazione del prezzo. Poiché nessun investitore potrebbe tenerle fino alla scadenza, se il prezzo di vendita sarà inferiore a quello di acquisto, tenuto conto delle cedole incassate, l’obbligazionista perderà soldi. Si tratta di una possibilità concreta da considerare.
Se il perpetual è emesso da una società privata, ad esempio una banca, c’è un ulteriore rischio. La presenza della clausola call, infatti, consente all’emittente di rimborsare anticipatamente il titolo se i tassi scenderanno. In pratica il potenziale di apprezzamento è limitato dalla presenza della clausola call, mentre il ribasso può diventare consistente.
Differenze con gli ETF obbligazionari
Alcuni investitori pensano che un’obbligazione priva di scadenza sia assimilabile ad un ETF. In definitiva anche quest’ultimo è composto da titoli che non scadono mai, in quanto saranno sostituiti con altri mano mano che il tempo passa. La differenza fondamentale, però, sta nella duration dei due prodotti e di conseguenza nel rischio.
A titolo di esempio il bond Austria di cui abbiamo parlato prima ha una duration modificata di 33. Ciò significa che una variazione dell’1% del tasso di rendimento richiesto per quel titolo comporterà un movimento di segno opposto del 33% circa della quotazione.
Al contrario un ETF obbligazionario ha di solito una duration di 8-10. Ciò implica una reattività di fronte a una variazione dei tassi di circa 1/4 rispetto al caso precedente. In definitiva il clone obbligazionario non è meno rischioso in quanto più diversificato, ma lo è in virtù del fatto che presenta una duration minore.
Ovviamente dal punto di vista del rischio emittente è sempre meglio optare per un ETF che per il singolo titolo.
La nostra opinione
Mentre il mercato azionario ha delle statistiche robuste sulle quali fare affidamento, il mercato dei perpetual bond ne è privo. Ad esempio sappiamo che investendo in un indice azionario globale e tenendo l’impiego per 15 anni le probabilità di perdita sono prossime a zero. I titoli irredimibili, invece, non hanno una storia simile sulla quale fare affidamento.
L’unica cosa che sappiamo è che la loro volatilità è molto alta e presentano una elevata correlazione, o dipendenza, con le quotazioni azionarie. Per tale motivi pensiamo che un buon portafoglio NON debba avere Matusalemme bonds. Al contrario la quota “rischiosa” potrà essere investita in azioni, più redditizie a parità di rischio. Viceversa i bond dovrebbero dare stabilità alla cabina di regia complessiva e non aggiungere ulteriore volatilità.
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Giacomo Saver – CEO Segreti Bancari