Quando vendere azioni? La decisione va presa su basi razionali, tenendo a freno l’emotività. Soprattutto nelle fasi buie di mercato.
Vendere azioni: una scelta difficile
C’è una ragione precisa per cui vendere le azioni che si hanno in portafoglio è più difficile che comprarle. Infatti mediamente gli investitori sono molto più titubanti a liquidare una posizione, piuttosto che aprirne una.
Di solito la tentazione a vendere diventa più forte in occasione di un ribasso di mercato. Al contrario quando le cose vanno bene l’avidità prevale sulla paura, così gli investitori mantengono le azioni per sfruttare la tendenza dei prezzi a crescere.
Quando le cose vanno male investitori con portafogli squilibrati e costruiti su basi errate entrano nel panico. Essi, in breve, devono fronteggiare una eventualità non considerata. Cosicché, trovandosi di fronte a perdite, corrono a vendere, consolidando un danno economico spesso importante.
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I casi in cui la vendita di azioni acquista un senso razionale ed è favorevole all’investitore sono quattro.
Quando vendere le azioni: 4 casi razionali
L’obiettivo specifico raggiunto
Si investe per un motivo. Uno di questi, a titolo di esempio, potrebbe essere la creazione di un capitale per uno scopo futuro ben definito. Quando, grazie all’andamento dei mercati, l’obiettivo è raggiunto, occorrerà liquidare tutte le azioni e le obbligazioni e stare “liquidi”.
Intendo dire che se una persona vuole arrivare ad un capitale di 100.000 € per comprare una casa, al raggiungimento della somma dovrebbe smobilizzare tutto. Continuare ad investire vorrebbe dire esporsi a rischi inutili.
Poiché il traguardo è già stato raggiunto il pericolo consiste in un ribasso improvviso che brucia temporaneamente parte della somma, per cui la scelta più razionale è smobilizzare e stare fermi. Anche se il mercato dovesse continuare a salire.
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Le esigenze di vita sono cambiate
Un portafoglio di investimento è costruito sulla base di determinate assunzioni che riguardano la vita privata delle persone. Se queste cambiano, per qualunque motivo, ha senso rimodulare la composizione del portafoglio stesso.
A titolo di esempio una persona che cambia lavoro, passando da una posizione di “dipendente” ad una di “autonomo”, potrebbe decidere di passare ad una impostazione più prudente per evitare un aggravamento del rischio familiare complessivo.
Il portafoglio va ribilanciato
Chi segue un approccio contrarian, come alcuni dei corsisti di A Scuola di Investimenti, dovrà vendere azioni in occasione dei ribilanciamenti periodici di portafoglio.
Si tratta di una forma di ottimizzazione particolarmente efficace, poiché permette di comprare basso e vendere alto. In definitiva l’esatto contrario di ciò che fanno gli investitori inconsapevoli.
Orizzonte temporale breve
Chi ha un orizzonte temporale inferiore a 4 anni non dovrebbe investire in azioni. Chi, al contrario, ha un’ottica pluriennale farà bene ad incrementare la quota di azioni che ha in portafoglio.
Al passare del tempo, però, è opportuno rivedere le scelte di investimento fatte. In tale modo la percentuale azionaria dovrà scendere mano a mano che si avvicina la scadenza dell’investimento.
Chi è iscritto ad un servizio come l‘Investment Club, in aggiunta, potrà vendere azioni quando cambieremo la composizione del portafoglio ottimizzato scelto. In questo caso, però, ci penseremo noi ad avvertire i clienti.
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Giacomo Saver – CEO di Segreti Bancari