Mario Draghi ha guidato la BCE per 8 lunghi anni. Senza di lui saremmo precipitati in una crisi finanziaria dalle enormi proporzioni. E ora?
Mario Draghi: l’economista che venne dai Gesuiti
Mario Draghi è un economista italiano di fama internazionale. Nato a Roma nel 1947, frequento le scuole cattoliche gestite dai Padri Gesuiti. Per capire l’importanza della sua figura nel panorama economico globale, è utile fare un rapido excursus del suo curriculum.
Il padre del TUF
Nel 1998, prima di arrivare alla BCE, Drghi è stato il capo della commissione che scrisse il decreto 58 del 24/2/1998, tutt’ora in vigore, noto come Testo Unico della Finanza.
Oltre a ciò il dott. Draghi è stato a capo della divisione Europea di Goldman Sachs, ruolo che abbandonerà in occasione dell’incarico successivo.
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Dalla Banca d’Italia alla BCE
Nel 2005 Draghi diventa il Governatore della Banca d’Italia, in sostituzione di Antonio Fazio. Questi, infatti, venne costretto a dimettersi per colpa dello scandalo noto come Bancopoli.
Infine, nel 2011, arriva la scolta. Mario Draghi è il terzo Presidente della Banca Centrale Europea, dopo Duisenberg e Trichet. Quello che avrebbe fatto in seguito per gli investitori resterà scritto sui libri di storia.
La BCE secondo il Presidente Draghi
Per capire il ruolo avuto dal Presidente all’interno della Banca Centrale, occorre tornare indietro al 2011, anno della sue elezione. Il 5 agosto del 2011, 3 giorni prima della nascita di mio figlio, la BCE scrisse al Governo italiano.
Sebbene la lettera dovesse restare segreta, i rumors iniziarono subito a diffondersi, con il risultato che la speculazione attaccò i titoli pubblici italiani facendo crescere lo spread.
A dire il vero, la lettera era un’ancora di salvezza per le finanze pubbliche. In altre parole, in cambio di riforme volte a ridurre la spesa governativa, la BCE si rendeva disponibile a sostenere i titoli di Stato italiani.
Mario Draghi riuscì nel difficile compito di salvare l’Euro, mettere in sicurezza i conti pubblici italiani pur rispettando il mandato della BCE.
“Whatever it takes”: le 4 parole che salvarono l’Euro
Nel luglio del 2012 Draghi pronunciò le parole che lo resero celebre e salvarono l’Euro da un attacco senza precedenti. Mentre il mondo finanziario si interrogava sul senso di una moneta comune realizzata in assenza di una confederazione di Stati, il Presidente BCE riuscì a scongiurare il peggio.
Intendo dire che quando la credibilità di un banchiere centrale è elevata, le sue parole sortiscono effetti senza necessità di manovre concrete. Quelle arrivarono dopo, tuttavia il “Draghi speech” bastò a rasserenare gli animi, fino ad evitare uno sfacelo dell’intera Unione Europea.
Mario Draghi: il padre del QE
In aggiunta a ciò Draghi riuscì a compiere una manovra straordinaria. In altre parole, riuscì a salvare le finanze pubbliche senza per questo mettere a repentaglio il mandato della BCE, e senza uscire dalle regole.
Per comprendere questo passaggio è importante capire che la Banca Centrale Europea ha un obiettivo specifico, ossia il contenimento dell’inflazione.
Considerato che il tasso di crescita dei prezzi era basso e si profilava uno scenario di deflazione stile giapponese, Draghi colse la palla al balzo. Con l’obiettivo di “stimolare” l’inflazione varò un piano di acquisto di titoli pubblici che rasserenò i mercati.
Oltre a varare il Quantitative Easing, il presidente stimolò regolarmente i capi di governo a varare le riforme, ma non si tirò mai indietro. Nemmeno quando i falchi del rigore tentarono una causa di fronte alla Corte Europea di Giustizia.
Gli effetti della presidenza di Draghi sui tuoi investimenti
Senza Mario Draghi alla guida della BCE il mondo sarebbe molto diverso da oggi. Intendo dire che sui mercati, probabilmente, si sarebbero verificati eventi disastrosi.
Italia allo sfascio
Il default dell’Italia sarebbe stato quasi certo. In tutta onestà credo che di fronte all’attacco internazionale i BTP avrebbero visto crescere i rendimenti così tanto da diventare insostenibili.
Per non parlare, poi, dello sfaldamento dell’Euro che avrebbe fatto svalutare la nuova Lira a livelli inimmaginabili. In breve, l’investitore italiano, che da sempre ama i BTP, avrebbe perso gran parte dei suoi soldi o per effetto del default o per colpa della svalutazione.
Inflazione galoppante
D’altra parte è lecito sospettare che senza Draghi l’Euro sarebbe finito. La conseguenza dello sfaldarsi della moneta unica sarebbe stata una inflazione galoppante. Le valute nazionali più deboli, infatti, si sarebbero svalutate moltissimo diventando poco più che carta straccia.
Mercati azionari a picco
Per quanto riguarda i mercati azionari, immagino che essi sarebbero crollati. Di fronte ad uno sconquasso di simili proporzioni sarebbe salita l’avversione al rischio da parte degli investitori.
Per semplificare: la ricerca di beni rifugio avrebbe affossato le attività finanziarie più rischiose, tra le quali le azioni.
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Arriva Christine, l’ex nuotatrice
Il 2 luglio 2019 Christine Lagarde, ex campionessa di nuoto sincronizzato e capo del Fondo Monetario, è stata nominata a succedere a Mario Draghi.
Nonostante non sia una economista in senso stretto, la dott.ssa Lagarde è un personaggio dalle grandi qualità e capacità di mediazione.
Dopo aver governato la crisi finanziaria del 2008 in qualità di Ministro, si trovò in seguito a sbrogliare la matassa del debito Greco.
Sebbene non abbia esperienza diretta di banche centrali, Lagarde ha saputo cavalcare situazioni difficili e vincere sfide impossibili. Senza contare che le scelte che farà Mario Draghi prima della fine del suo mandato tracceranno il sentiero che Lagarde seguirà. Nel segno della continuità.
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Giacomo Saver – CEO Segreti Bancari