Italian Independent chiude: la fine ingloriosa del sogno di uno e dei soldi di molti

19 Febbraio 2024

italian independent chiude

Credevi di guadagnare facendo da solo e “pizzicando” un buon titolo in cui investire? La storia è andata diversamente. Ma se non posso aiutarti a riprendere i tuoi soldi, posso evitare che tu commetta gli stessi errori in futuro.

Italian Independent: la storia

La società nacque nel 2007 e a fondarla fu niente meno che da Lapo Elkan, il più discusso degli eredi della famiglia Agnelli. Lo scopo era quello di promuovere il made in Italy attraverso una gamma di prodotti focalizzata e di alto prezzo. Le premesse affinché l’azienda diventasse un successo c’erano tutte. Vediamole brevemente.

FOCALIZZAZIONE

Uno dei modi per competere su un mercato saturo e sovraffollato consiste nel ritagliarsi uno spazio nella mente del consumatore. Al Ries e Jack Trout, pionieri della disciplina del marketing nota come posizionamento del marchio, la chiamano focalizzazione.

E Italian Independent era focalizzata su due aspetti:

  • si rivolgeva ad un target di persone altospendenti, tradizionalmente meno sensibili al crollo del potere di acquisto della classe media;
  • produceva, all’inizio, un solo tipo di occhiale in fibra di carbonio il cui prezzo superava i 1.000 €.

L’OFFERTA INIZIALE – IPO

Grazie ad un’attività di marketing molto efficace e alla notorietà del fondatore l’azienda fu subito quotata in borsa. E il pubblico corse a comprare le azioni, credendo che il fai da te avrebbe premiato. Pochi, però, si accorsero che il prezzo iniziale era pari a venti volte il margine operativo.

La sopravvalutazione era evidente. Ma il 2007 era un anno particolare. A Torino c’erano state da poco le Olimpiadi mentre veniva lanciata la nuova 500. A proposito, se vuoi investire in modo realmente efficace, iscriviti gratis al nostro KIT di pronto soccorso.

Il trend e la capitolazione

Italian Independent iniziò a sgonfiarsi subito dopo la quotazione in Borsa. Fu ammessa agli scambi il 28 giugno del 2013 al circuito delle piccole e medie imprese AIM. Oggi, invece, è quotata all’Euronext Growth Milan, ma poco cambia. A fronte di un prezzo iniziale di 26 € la quotazioni era scesa fino a 18,07 € il 27 maggio del 2026.

Tuttavia appena quaranta giorni dopo, il 6 luglio del 2016, il prezzo era sceso a 4,91 €. L’entusiasmo iniziale si stava sgonfiando mentre le quotazioni scendevano a picco. Il grafico che segue esprime molto bene il concetto:

italian independent

Il fatto che si trattasse del classico “titolo – bisca” era evidente per due ragioni:

  • la quotazione crebbe solo nelle prime settimane successive all’ammissione in borsa per poi scendere ininterrottamente;
  • il prezzo di offerta era eccessivamente caro e scontava una crescita irrealistica per un prodotto che non era ancora stato lanciato.

Il primo ad affezionarsi ad una società decotta fu il suo stesso fondatore. Lapo, infatti, aveva tentato in ogni modo di dare ossigeno alla sua creatura. Tra il 2015 e il 2016 arrivò a comprare azioni ogni tre giorni fino a superare il 50% dei titoli in circolazione.

Iniettò 28 milioni di euro nelle casse aziendali per fornire nuovi mezzi liquidi che, tuttavia, la gestione operativa in seguito avrebbe bruciato. A maggio 2023 ci fu l’ultimo tentativo. Elkan versò altri 12,8 milioni di euro. Ma alla fine dovette arrendersi all’evidenza.

La delibera assembleare del 26 gennaio 2024 spense il sogno di Lapo, bruciando per intero i soldi che i piccoli investitori, molti dei quali seguaci del fai da te, avevano messo nel titolo.

Lezioni da tenere a mente

Italian Independent senza dubbio è un caso di studio molto interessante. Esso mette a luce alcuni errori, che indipendentemente dall’incapacità di prevedere il futuro, avrebbero impedito di creare il disastro che è stato. Ecco, in breve, di che si tratta.

VALUTARE I FONDAMENTALI

E’ più facile comprare un’azione che friggere un uovo” scriveva anni fa Nicholas Taleb. Per questa ragione molti investitori credono di saper investire da soli e rifiutano l’assistenza di un professionista. La verità è che la selezione delle azioni richiede competenze molto specifiche quali:

  • la lettura approfondita del bilancio
  • l’analisi del bilancio per indici e per flussi al fine di mappare il vero stato di salute dell’azienda
  • la conoscenza del funzionamento del mercato in cui l’azienda investe.

Se non sai che differenza ci sia tra un’immobilizzazione dello Stato Patrimoniale ed un ricavo della gestione extra-catteristica forse farai bene a non iniziare nemmeno ad investire da solo. L’investitore, invece, spesso basa le sue scelte su criteri approssimativi quali la “simpatia” o la “presunta conoscenza”.

Ma quando si tratta di investire sono i numeri che contano:

  • la redditività del capitale investito
  • la redditività del capitale proprio
  • la solidità finanziaria dell’azienda a breve e lungo termine
  • la quota di mercato
  • il posizionamento del marchio
  • il tasso di crescita atteso del fatturato
  • il rapporto prezzo/utili
  • il rapporto prezzo/valore contabile
  • il modello di business.

Infine la situazione va monitorata periodicamente per evitare che ci siano cambi nel sottostante che il mercato prima o poi sconterà.

IL CONTESTO

L’intera borsa italiana, cui l’investitore domestico è legato, rappresenta meno del 2% della capitalizzazione globale. Se investire nell’indice FTSE MIB rappresenta un rischio, aggravato dal fenomeno dell’home country bias, figuriamoci “scommettere” su un titolo sottile scambiato sull’ Euronext Growth.

IL RISCHIO

Le small cap sono titoli “sottili”. In. breve si tratta di azioni il cui valore fluttua in modo impressionante in base alla domanda. Dato che l’offerta è limitata, a causa della ristretta capitalizzazione, bastano poche migliaia di euro per fare fluttuare le quotazioni, in un verso come nell’altro.

Inoltre le small cap sono sovente titoli con “beta>1”, ossia molto più reattivi rispetto all’andamento del mercato nel suo complesso. Ciò non significa che non vi siano opportunità, al contrario. Ma occorre affidarsi ad un professionista e lasciare stare il fai da te.

Noi, in passato, consigliammo di investire nel titolo Reply. Si tratta di un’altra realtà torinese, che tuttavia ebbe un successo incredibile. Ma questa è un’altra storia.

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Giacomo Saver – CEO di Segreti Bancari

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