ETF opinioni: il parere di Segreti Bancari sui fondi passivi

23 Febbraio 2022

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Gli ETF spopolano, ma le banche continuano a definirli come “rischiosi” e pericolosi. Qualcuno sul Web li sconsiglia a causa della mancanza di uno “stile di gestione”. Ma davvero gli Exchange Traded Funds sono da evitare?

Cosa sono e come funzionano gli ETF

ETF è l’acronimo di Exchange-Traded Funds, che in italiano vuol dire letteralmente: fondi  scambiati in borsa come fossero delle comunissime azioni. Essi, in definitiva, replicano degli indici finanziari sia di tipo azionario, sia obbligazionario, sia di tipo misto. La mancanza di una strategia discrezionale da parte del gestore fa di essi fondi a gestione passiva.

Nella pratica investire in ETF equivale ad acquistare un paniere di titoli. Investire in un fondo tradizionale equivale, invece, ad allocare i propri  risparmi in maniera collettiva, dando al tempo stesso al gestore la delega a scegliere i titoli ritenuti migliori. Comprare un clone, al contrario, significa ripartire il proprio denaro tra i titoli che compongono l’indice sottostante. Si tratta dello stesso parametro (benchmark) che molti gestori attivi non riescono a battere, nonostante gli elevati costi addebitati ai clienti.

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A differenza dei fondi attivi, che si sottoscrivono in banca, i prodotti passivi possono essere comprati in autonomia grazie al proprio Home Banking sul così detto “mercato secondario”. Solo gli investitori istituzionali, infatti, possono chiedere la creazione di nuove quote di un ETF o chiederne l’annullamento attraverso il riscatto.

Nonostante i cloni si comportino come dei fondi chiusi, però, la loro quotazione segue fedelmente quella dell’indice sottostante. Se così non fosse si aprirebbero margini di profitto che gli operatori professionali sfrutterebbero attraverso gli arbitraggi.

I vantaggi degli ETF rispetto alla gestione attiva

Il grande pregio degli Exchange Traded Funds sta nei loro costi bassi. A titolo di esempio, mentre un fondo tradizionale a gestione attiva costa circa il 2%, quasi tutti i cloni costano meno dello 0,50%. Ciò è possibile grazie al fatto che non serve pagare uno stuolo di analisti e gestori. Basta, infatti, comprare gli strumenti finanziari che formano il sottostante.

In teoria, affidarsi ad un professionista dovrebbe fare la differenza in termini di guadagno finale. L’evidenza empirica e i notevoli studi disponibili in Italia e all’estero dimostrano, al contrario, che la performance dei fondi comuni, al netto dei costi, è inferiore alla media del mercato.

Per farla breve: se compri un fondo hai il 90% di probabilità di ottenere un guadagno minore a quello offerto, in media, dal mercato sottostante. Con gli ETF, invece, hai la certezza di ottenere lo stesso andamento del mercato. Stop.

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Gli ETF, inoltre, sono molto flessibili. Essi oltre a poter essere inseriti in diverse strategie di portafoglio sono adatti sia a coloro i quali cercano una rendita periodica, sia a chi vuole accrescere il capitale nel tempo, sfruttando l’effetto della capitalizzazione composta.

Come usare gli Exchange Traded Funds

Chi sceglie di investire in fondi passivi deve mettere in conto un notevole ostracismo da parte delle banche. Queste ultime, insieme con i consulenti pagati a provvigione, hanno un interesse diretto a collocare i prodotti del risparmio gestito.

In particolare ti diranno che i replicanti possono fallire e che essi non proteggono in caso di ribasso. Si tratta, tuttavia, di questioni mal poste. In quanto fondi di investimento gli ETF presentano le medesime garanzie dei prodotti tradizionali.

È utile ricordare, infatti, che nessuno di essi è fallito, nemmeno durante la Grande Crisi del 2007- 2008. Oltre a poter contare su una normativa alquanto “robusta”. Il fatto che i fondi perdano meno dei cloni durante i ribassi è dovuto al fenomeno del “cash drift“. Avendo in portafoglio una certa liquidità non investita è normale che i fondi soffrano meno di chi è ne è privo nelle fasi negative. Tuttavia lo stesso fenomeno impedisce ai prodotti gestiti attivamente di offrire guadagni superiori al mercato durante le fasi positive.

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Il modo migliore per usare gli ETF consiste nell’avere una strategia a monte. Chi “assembla” prodotti finanziari senza una logica unitaria cade nella trappola dei conti mentali e nell’eccesso di sicurezza. In breve il portafoglio che ne verrà fuori sarà concentrato; i prodotti saranno scelti sulla base dei rendimenti passati e perderanno quota negli anni a venire.

Prima di pensare a quali strumenti usare, infatti, è opportuno definire una buona allocazione di partenza. Una idea ottimale consiste nell’incrementare la quota di azioni mano a mano che si allunga l’orizzonte temporale e cresce la tolleranza al rischio.

La nostra opinione sugli ETF

Quando arrivarono in Italia, nel settembre del 2002, intuii subito la potenza di questi strumenti. In precedenza, quando ancora lavoravo in banca, mi ero interessato a quelli che allora si chiamavano certificati benchmark. Essi erano emessi da Unicredit e si prefiggevano la replica passiva di un indice. Ma erano certificati, non fondi.

La flessibilità operativa, i bassi costi, l’assenza del rischio di ottenere rendimenti inferiori a quelli del mercato sottostante hanno spinto me e la mia azienda ad essere dei sostenitori degli Exchange Traded Funds.

Certamente occorre sceglierli correttamente. Altrettanto importante è avere la capacità di costruire un portafoglio adeguato con essi. In caso contrario, se la ricetta lascia a desiderare, anche il risultato finale sarà deludente. Nonostante gli ingredienti siano ottimi.

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Giacomo Saver – CEO di Segreti Bancari

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