L’inflation targeting consiste nell’obiettivo, da parte delle Banche Centrali, di contenimento dell’inflazione. Ecco come funziona e quali conseguenze ha sui mercati e sugli investimenti.
Definizione di inflation targeting
L’inflation targeting è, in breve, un obiettivo di politica monetaria attraverso il quale una Banca Centrale dichiara un obiettivo di inflazione da raggiungere nel breve e medio periodo. Parzialmente abbandonato nel 2020, il contenimento del caro vita è diventato il traguardo principale da raggiungere dopo l’impennata dei prezzi causata dal post COVID e dalla crisi energetica.
Il termine fu introdotto, negli anni ’80, dall’economista svedese Lars Svensson. Si tratta di un’alternativa al monetary targeting. In quest’ultimo caso, infatti, la Banca Centrale comunica al mercato il tasso di crescita della moneta nel sistema. Essa si impegna, pertanto, a evitare una crescita superiore o inferiore a quella desiderata. L’ipotesi retrostante è che il livello del tasso di inflazione dipende dalla quantità di moneta in circolazione e dalla sua “velocità”.
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L’inflation targeting, che ha avuto buoni risultati in paesi come l’Australia, il Canada ed il Regno Unito, è la strategia più efficace. Esso, in breve, agisce direttamente sul tasso di inflazione che viene controllato attraverso interventi sulla parte breve della curva dei tassi.
Sia nel caso del controllo dell’inflazione, sia nel monitoraggio del tasso di crescita della moneta, la Banca Centrale ha un’ancora che deve controllare, nel rispetto del proprio mandato, al fine di garantire la stabilità finanziaria dell’intero sistema.
Funzionamento
Sulla carta il funzionamento è semplice. La Banca Centrale definisce un tasso di inflazione desiderato, o obiettivo. Essa, periodicamente, compara la crescita effettiva dei prezzi con quella desiderata ed interviene in caso di difformità. Le manovre potranno essere espansive nel caso in cui i prezzi crescano poco o scendano (deflazione). Viceversa se il carovita accelera in modo considerevole, come accade oggi, gli interventi dovranno essere restrittivi.
Ciò, ovviamente, ha effetti immediati sui mercati finanziari e sui portafogli degli investitori. Mentre alcuni Paesi hanno scelto un intervallo, a partire da un valore centrale, entro cui l’inflazione va contenuta, altri hanno optato per un tasso obiettivo massimo.
Il target di norma va raggiunto nel medio periodo, diciamo nei 2 o tre anni successivi. Ciò consente alle Banche Centrali di essere flessibili e intervenire su altri fronti qualora ci siano emergenze da fronteggiare. Penso, ad esempio, alla crisi del debito sovrano del 2011 o all’emergenza pandemica del 2020.
Requisiti
Il primo requisito per un’azione di inflation targeting è l’esistenza di una Banca Centrale indipendente. In verità nessun istituto è del tutto indipendente dai Governi, che in un modo o nell’altro esercitano qualche forma di “pressione”. Tuttavia tanto maggiore è il grado di libertà dei banchieri centrali tanto più efficace sarà la loro azione.
Il secondo requisito, invece, riguarda la capacità di ignorare le altre grandezze economiche rilevanti come, ad esempio, il tasso di crescita dei salari o altro.
Effetti sui mercati
Dapprima sottostimata l’inflazione ha irrotto con prepotenza sullo scenario globale. A causa dell’impennata del carovita le quotazioni di azioni ed obbligazioni sono scese in modo considerevole. In modo particolare i bond a media e lunga scadenza hanno sofferto maggiormente gli effetti dell’orientamento restrittivo della Banche Centrali. Le azioni, dal canto loro, subiscono gli effetti inflativi, ma in misura minore poiché le aziende riescono, in una certa misura, a “ribaltare” il maggior costo delle materie prime sui clienti finali.
Per limitare gli effetti dell’inflazione è opportuno avere in portafoglio alcuni asset anti inflativi:
- azioni
- obbligazioni inflation linked
- REITS (immobili)
- oro.
Pro e contro dell’inflation targeting
L’inflation targeting permette alle Banche Centrali di contrastare l’inflazione dando, al tempo stesso, un ampio margine di manovra per fronteggiare eventuali emergenze. Un tasso di inflazione stabile riduce l’incertezza, permette di avere visibilità sui futuri movimenti dei tassi e contribuisce alla stabilità del sistema economico.
Secondo alcuni esperti, però, il controllo dell’inflazione, che porta con sé politiche fortemente espansive e restrittive, ha un doppio effetto sui mercati:
- favorisce la formazione di bolle speculative e/o immobiliari, come avvenne nel 2008;
- implica ribassi forti dei mercati in occasione di un repentino aumento dei tassi, come è accaduto nel 2022.
Un obiettivo in termini di crescita del PIL, secondo gli economisti, sarebbe un parametro più appropriato nell’ottica del benessere collettivo.
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Giacomo Saver – CEO di Segreti Bancari