Strategia attiva o passiva? Abbiamo analizzato entrambe le soluzioni per aiutarti a capire qual è la migliore per te.
L’interesse per la finanza personale è un primo passo verso la consapevolezza finanziaria, che va oltre la mera conoscenza del saldo dell’estratto conto e coinvolge il nostro approccio alla pianificazione finanziaria.
Gli investitori consapevoli si trovano a dover decidere tra gestione attiva e passiva durante la pianificazione finanziaria. Il mondo online è ricco di guru finanziari e “coach” che, pur volendo smascherare alcuni aspetti finanziari, rischiano di confondere ulteriormente i risparmiatori.
Va sottolineato che la maggior parte delle persone non ha le competenze per elaborare autonomamente un’asset allocation. Alcuni tentano il trading online, altri si affidano a consulenti, mentre alcuni si limitano al trading virtuale, rinunciando sia alle perdite che ai guadagni effettivi.
Operativamente, esistono due strategie di investimento: la gestione attiva e passiva, entrambe basate su un benchmark che valuta le performance del portafoglio rispetto al mercato. La scelta tra queste strategie richiede una ponderata valutazione dei rischi e dei benefici per un investimento consapevole e sostenibile nel tempo.
Battere il benchmark rappresenta un ambizioso obiettivo per gli investitori, ma la sua ricerca può comportare effimeri successi che nel lungo periodo erodono il rendimento del portafoglio, a causa dei costi e degli errori di analisi. La scelta tra gestione passiva e attiva diventa cruciale per coloro che cercano la consapevolezza finanziaria.
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Cos’è la gestione attiva?
Nella gestione attiva, l’obiettivo del gestore è superare il benchmark per generare una performance positiva. La competenza del gestore risiede nella selezione delle azioni (stock picking) e nel tempismo per entrare sul mercato (market timing).
Questo approccio si basa sull’idea di superare il mercato attraverso una gestione dinamica delle posizioni e la scelta dei momenti migliori per investire e disinvestire, puntando a un rendimento extra rispetto all’indice di riferimento.
La gestione attiva si distingue dalla passiva per l’abilità del gestore nel condizionare il rendimento attraverso il market timing e lo stock picking. Mentre aumenta i costi delle commissioni, valorizza l’analisi del gestore, offrendo opportunità nel breve e medio termine.
I fondi attivi, selezionando le migliori azioni anziché replicare l’intero indice, cercano di superare il benchmark, e la valutazione della qualità del gestore si basa sul confronto con l’andamento dell’indice di riferimento.
Cos’è la gestione passiva?
La gestione passiva è un approccio di investimento in cui il gestore replica la performance di uno o più indici di riferimento, spesso attraverso strumenti come gli ETF (Exchange Traded Fund).
Questa strategia funziona come un pilota automatico: se il mercato cresce del 10%, l’ETF associato aumenta del 10%, e viceversa. La teoria alla base è che, se i mercati sono efficienti, è difficile superarli, quindi la scelta migliore è replicarne l’andamento.
Negli ultimi anni, gli strumenti di gestione passiva hanno guadagnato popolarità per la loro capacità di ridurre i costi di gestione. Gli ETF, in particolare, permettono una rapida diversificazione a basso costo. Tuttavia, secondo i sostenitori della gestione attiva, la gestione passiva comporta il rischio di liquidità, anche se è più vantaggiosa in termini di costi.
I fondi passivi, nati per rendere l’investimento accessibile a tutti a basso costo, mirano semplicemente a replicare un indice, come l’S&P500, con l’obiettivo di ottenere performance simili.
Gestione attiva e gestione passiva: differenze e analogie
Il principale elemento distintivo tra le strategie attive e passive è rappresentato dai costi. È ovvio affermare che una strategia attiva, coinvolgendo più operatori, comporta inevitabilmente maggiori costi, poiché nessuno lavora gratuitamente. La questione cruciale è come giustificare tali spese.
Online, gli appassionati di entrambe le tecniche spesso si limitano a screditare le argomentazioni degli altri senza contribuire costruttivamente al dibattito. Ad esempio, sostenitori della gestione attiva sottolineano il rischio di liquidità degli ETF, mentre quelli della gestione passiva criticano i fondi attivi per i costi elevati.
È vero che, nel medio-lungo termine, i fondi attivi che superano il benchmark esistono ma sono rari. L’alfa di Jensen, un indicatore oggettivo, aiuta a valutare se un fondo attivo merita la sottoscrizione.
Mentre i sostenitori del passivo ritengono che replicare l’indice sia sufficiente data la difficoltà di battere il mercato, i fondi attivi promuovono l’idea di estrarre solo le migliori opportunità. Tuttavia, dati i risultati deludenti dei fondi attivi, la scelta tra gestione attiva e passiva rimane un interrogativo aperto.
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Giacomo Saver – CEO Segreti Bancari