Vantaggi e svantaggi degli ETF a gestione attiva

13 Novembre 2024

ETF gestione attiva

Gli ETF a gestione attiva sono il tentativo delle SGR di recuperare redditività? O sono strumenti utili all’investitore in cerca di guadagni?

Cosa sono e come funzionano gli ETF a gestione attiva

Gli ETF sono fondi passivi che replicano l’andamento di un determinato indice finanziario, cercando di eliminare il rischio che scelte di gestione errate possano portare a un rendimento inferiore rispetto a quello dell’indice sottostante. Il loro basso costo, la possibilità di comprarli e venderli in tempo reale rendono questi strumenti insostituibili per l’investitore consapevole.

Gli ETF a gestione attiva, invece, cercano di offrire performance superiori rispetto agli indici di riferimento, attraverso una gestione quantitativa e algoritmica del portafoglio. Questi strumenti non si limitano a replicare un indice, ma cercano di batterlo, attraverso una selezione di titoli e un’allocazione tattica. In pratica, questi ETF “clonano” indici finanziari costruiti con una metodologia attiva che punta a sovraperformare il mercato.

Il vantaggio principale degli ETF a gestione attiva è che l’investitore conosce in anticipo la strategia di investimento, può acquistare e vendere gli ETF in tempo reale e ha accesso alla composizione del portafoglio. Tuttavia, se Jack Bogle, il fondatore di Vanguard, li ha definiti “lupi travestiti da pecore”, c’è qualcosa che il grande pubblico potrebbe ignorare.

A chi convengono gli ETF gestione attiva?

Gli ETF a gestione attiva sono stati creati per cercare di recuperare redditività in un mercato in cui gli ETF passivi hanno preso piede, sottraendo masse enormi di denaro dai fondi tradizionali. Le banche si sono viste prive di una fetta significativa di ricavi, e perciò si sono adattate con una nuova offerta: gli ETF a gestione attiva.

Prendiamo BlackRock come esempio, con il marchio iShares: anche se il gigante statunitense è noto per la sua presenza nel mercato degli ETF passivi, non è indifferente alla possibilità di vendere ETF a gestione attiva, poiché questi strumenti consentono di praticare una strategia di pricing diversa, meno soggetta alla concorrenza sui costi.

Gli ETF a gestione attiva, infatti, sono più costosi rispetto agli ETF passivi, e la gestione proprietaria delle strategie consente agli emittenti di non essere troppo competitivi sul prezzo, a differenza dei fondi tradizionali. In questo senso, la creazione di questi strumenti è principalmente una mossa di marketing, che punta a vendere prodotti più redditizi per gli emittenti, ma con un costo maggiore per gli investitori.

Cosa rende gli ETF a gestione attiva diversi?

Vediamo insieme qualche esempio pratico, attingendo da ciò che ci spiega lo stesso gestore riguardo agli ETF a gestione attiva. Gli ETF attivi, infatti, non sono tenuti a replicare esattamente un indice. Possono selezionare titoli fuori dall’indice e variare i pesi percentuali.

Primo livello di Gestione Attiva: Gli ETF a gestione attiva possono scegliere titoli non inclusi nell’indice di riferimento, offrendo una flessibilità che non è disponibile per i fondi passivi.

Secondo livello di Gestione Attiva: Il peso percentuale degli asset non è fisso, ma può essere adattato in base a fattori come il cash drag (liquidità generata da compravendite, operazioni straordinarie, dividendi non reinvestiti, ecc.), trasformando un ETF azionario in un portafoglio bilanciato.

Terzo livello di Gestione Attiva: Gli ETF a gestione attiva utilizzano derivati a scopo di generare reddito aggiuntivo, non solo per coprire i rischi come nel caso degli ETF passivi. La leva di mercato è un altro strumento che può essere usato dai gestori per amplificare i rendimenti.

Quarto livello di Gestione Attiva: L’integrazione dei criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) aggiunge un ulteriore livello di discrezionalità nella selezione dei titoli. Ad esempio, mentre un ETF tradizionale su MSCI USA potrebbe contenere quasi 600 titoli, una versione ESG potrebbe scendere a circa 500, e quella attiva si ferma intorno ai 200.

I costi e la trasparenza degli ETF a gestione attiva

Se da un lato gli ETF passivi sono noti per la loro trasparenza e per il costo contenuto, gli ETF a gestione attiva non godono della stessa chiarezza, soprattutto riguardo alla qualità dei modelli quantitativi impiegati e alla segretezza delle metodologie di selezione. Inoltre, i costi degli ETF attivi sono circa tre volte superiori rispetto agli ETF passivi della stessa categoria.

Il marketing finanziario spingerà sicuramente sugli ETF a gestione attiva, specialmente nelle fasi di incertezza dei mercati o durante periodi di massimi storici, con l’obiettivo di offrire strategie di uscita rapide rispetto agli strumenti low-cost. Tuttavia, come sottolineato da molti esperti, questo tipo di strumento può essere un miraggio per gli investitori che abbandonano il rigorismo passivo per inseguire il sogno di una gestione attiva che promette di fare meglio.

La performance degli ETF attivi

Per ragioni di brevità ho paragonato due coppie di ETF. Il primo di ogni coppia è un prodotto standard, mentre il secondo è un ETF attivo di Franklin Templeton. Le aree geografiche esaminate sono Europa, Emergenti e Usa.

Sono consapevole del fatto che occorrerebbe un’analisi più approfondita per capirne la convenienza. Tuttavia questo studio superficiale sembra confermare quello che sosteniamo. In linea di massima gli ETF a gestione attiva non offrono reali vantaggi all’investitore.

Azioni europee

Il grafico che segue paragona l’ETF Amundi su MSCI Europe (ISIN LU1681042609) con il Franklin LibertyQ European Equity (ISIN IE00BFWXDW46):

ETF gestione attiva vs passiva - Europa

Senza entrare nel merito della strategia sottostante, è immediato constatare come la performance dei due prodotti sia praticamente identica.

La volatilità è praticamente la stessa. Infatti Il Franklin ha un valore di 17,32% contro il 17,47% di Amundi. Il drawdown è identico. Esso è pari al 33,65% per Franklin e al 35,12% per Amundi.

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Azioni emergenti

In questo caso il vincitore è l’ETF standard. Mentre l’ETF Franklin LibertyQ Emerging Mkt (ISIN IE00BF2B0K52) ha reso il 5,12% dal 2018 al 2021, l’iShares Core MSCI EM IMI (ISIN IE00BKM4GZ66) ha reso il 19,97%.

ETF gestione attiva vs passiva - emergenti

Il drawdown è stato identico. Esso ammonta al 33,06% per il Franklin e al 32,49% per iShares. La volatilità, per concludere, è paragonabile. Essa è del 13,54% per il Franklin e del 15,67% per iShares.

Azioni Usa

Anche in questo caso l’ETF attivo ha reso come quello passivo:

ETF gestione attiva vs passiva - Usa

Nel breve periodo di tempo in cui è disponibile, il Franklin S&P500 Paris Climate (ISIN IE00BMDPBZ72) ha reso il 41,07% mentre l’iShares Core S&P 500 (ISIN IE00B5BMR087) il 39,28%. La volatilità del primo è stata del 12,70% contro il 12,12% dell’ETF a gestione attiva.

Infine il drawdown è praticamente identico. Esso è dell’8,48% per il Franklin attivo e dell’8,10% per iShares passivo.

Conclusioni

Investire in ETF a gestione attiva ha senso se si conosce con precisione la strategia sottostante. È particolarmente importante conoscerne i punti deboli e i punti di forza. Occorre inoltre capire bene se i maggiori costi dei prodotti attivi siano giustificati o se, invece, rappresentino un inutile fardello per le performance.

L’investitore consapevole farà bene a evitare, fuori da queste ipotesi, gli ETF attivi per restare sui prodotti tradizionali.

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