Crollo di borsa 2020: sette cause del crash dei mercati che ad occhio nudo non sono visibili.
Crollo di borsa 2020
Il crash che ha colpito i mercati ha colto tutti di sorpresa. Non per i tempi, perché noi stessi del Team di Segreti Bancari avevamo avvertito i nostri clienti dei rischi di una possibile correzione. Ma per l’intensità e la rapidità con cui il crollo si è verificato.
Ma come mai la crisi che stiamo vivendo è così drammatica, anche dal punto di vista finanziario? Ecco come trading system e psicologia hanno interagito, fino a creare un mix esplosivo.
Nessuno può sapere quando finirà il ribasso. Tuttavia conoscerne le cause aiuta a prendere decisioni di investimento più consapevoli. E non manca chi fa scelte coraggiose. Come le tre persone lungimiranti che hanno scelto l’Investment Club proprio mentre imperversava la tempesta.
Le cause del grande crash
Aumento della speculazione al ribasso
In un primo momento le autorità che vigilano sui mercati hanno ritenuto non opportuno il blocco delle vendite allo scoperto. In breve vendere allo scoperto significa assumere una posizione ribassista su un certo listino azionario.
Conosciuta anche come operatività short, la vendita scoperta amplifica i ribassi e permette agli speculatori di guadagnare fino a che il mercato scende.
Nella sola giornata di giovedì 12 marzo 2020 gli scambi sulla Borsa Italiana sono raddoppiati, mentre il mercato crollava. Ciò significa che le azioni sono ostaggio della speculazione ribassista.
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Incremento dei roboadvisors
I roboadvisors sono sistemi computerizzati di gestione delle posizioni. In breve le decisioni sul dove investire vengono delegate ad una macchina che, una volta configurata, agisce in modo meccanico.
Privi del filtro e della sensibilità umana, questi sistemi automatici di trading sfruttano i trend di breve periodo in essere sui mercati, fino ad amplificarli. Poiché si stima che un terzo degli scambi mondiali siano automatizzati, è facile capire il peso che i roboadvisor puri hanno nei crolli.
A titolo di esempio molti sistemi facevano comprare azioni quando gli indici di volatilità erano ai minimi. In seguito all’aumento del rischio quegli stessi modelli hanno fatto scattare le vendite, affossando i mercati.
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Distorsioni cognitive
Gli investitori sbagliano sistematicamente la stima del rischio. In particolare tanto più un evento suscita ricordi vividi nella memoria recente, tanto più esso è ritenuto probabile.
A causa di ciò i crolli accrescono la percezione del rischio. I mercati vengono considerati più rischiosi per il solo fatto di avere perso, per cui gli investitori corrono a vendere. In tale modo, oltre a consolidare delle perdite, finiscono per generare essi stessi ulteriori ribassi.
La gestione attiva non protegge
I fondi comuni di investimento non svolgono la funzione anti ciclica che ci si aspetterebbe. Essi, in breve, sono costretti a vendere nelle fasi di ribasso per generare la liquidità necessaria a fronteggiare i rimborsi.
In tale modo la loro operatività finisce con l’assecondare i crolli di borsa, invece di contrastarli in modo efficace. In aggiunta l’incapacità previsionale dei gestori impedisce agli stessi di limitare le perdite nelle fasi ribassiste.
Accorciamento dell’orizzonte temporale
L’attenzione spasmodica al breve periodo è visibile nell’andamento di una giornata tipo. Ad esempio accade che al mattino i mercati azionari siano in rialzo. Tuttavia al pomeriggio la tendenza si inverte. La causa sta nelle prese di beneficio di chi ha comprato presto e vuole monetizzare subito il profitto (scalping).
Le sedute al rialzo sono caratterizzate da volumi bassi e da un’ampia escursione tra il prezzo di chiusura e quello di apertura. Venerdì 13 marzo 2020, ad esempio, l’indice europeo Stoxx 600 guadagnava l’8,70% per poi chiudere a +1,43%.
Ampliamento del panico
Gli investitori, subissati da notizie allarmanti che non sanno interpretare, corrono a vendere tutto, indistintamente. Infatti i crolli hanno riguardato, oltre le azioni, anche le obbligazioni e l’oro.
Ciò significa che il mercato ha perso ogni forma di razionalità, mentre il terrore di perdere si diffonde più rapidamente del Coronavirus.
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Rapidità del crollo
A spaventare gli investitori privi di una bussola per investire è la rapidità del crollo delle borse. Insieme ai timori di tempi lunghi per il recupero. In questo contesto i ricordi vanno alla crisi del 2007-2009.
In quella occasione il ribasso durò appena 5 settimane, durante le quali il crollo comportò un ribasso del 52%. Ci vollero, però, appena 25 mesi per recuperare le posizioni. Nell’ipotesi che non si siano fatte ottimizzazioni nel frattempo.
In definitiva un periodo di recupero accettabile, che tutti gli investitori possono sopportare.
Think different. Invest differently.
Giacomo Saver – CEO di Segreti Bancari